LISTA GENERALE RELAZIONI
CIMA e TORRE DELLE CENGE relazione: Riccardo Delise e Alessandro De Sanctis, salita del 21/7/2013 Primi salitori: H. Klug, G. Renker, 17 maggio 1916
CIMA e TORRE DELLE CENGE, m 2007 Gola Sudovest Questa interessante possibilità per gli amanti della montagna selvaggia permette di raggiungere sia la Torre che la Cima delle Cenge lungo un percorso mai banale e dove si assapora il gusto della montagna d'altri tempi. Racconto della salita: La cima delle cenge è una lama stretta e lunga all'estremità orientale del gruppo del Montasio. Separata da questa da una forcella, si trova la torre delle cenge, leggermente più bassa e molto più corta e stretta. La possibilità di mettere a segno una doppietta con sforzo limitato ed la disponibilità di un approvviginamento di acqua potabile lungo l'avvicinamento (rif. Brunner) ci fanno scegliere questa come la meta ideale di un'assolata domenica estiva. Parcheggiato lungo la SP76 in prossimità del torrente Rio Bianco attacchiamo la salita al rifugio Brunner (chiuso ed incustodito) tramite il sentiero 625. Dopo poco più di 1h e siamo là. Riempite le borracce optiamo per proseguire lungo il sentiero 625 in direzione della Forca di Rio Bianco; di là arrivati in vista degli Ometti (due tozzi pilastri di roccia alti una cinquantina di metri), avremmo trovato il sentiero che conduce alla forcella degli ometti. L'alternativa sarebbe stata di imboccare il sentiero 656 per arrivare alla forcella delle Cenge e da là aggirare la parete sud-ovest della cima delle Cenge per portarsi all'attacco della via: decidiamo che quella sarebbe stata la via del ritorno. Dopo 1:30h di sentiero franoso ma molto ben segnato arriviamo alla Forcella degli Ometti. Qui ci leghiamo e Riccardo va alla ricerca della cengia erbosa che ci avrebbe portato al canale e quindi all'attacco vero e proprio della via: il terreno è una rampa inclinata non difficile tecnicamente ma resa infida dal ghiaino che lo ricopre. Questo unitamente al fatto che non abbiamo trovamo modo di attrezzare una sosta rende la salita di Riccardo un'esperienza non particolarmente gratificante per entrambi, visto che un suo scivolone potrebbe comportare conseguenze serie. Attrezzata una sosta su spuntoni, Alessandro raggiunge e prosegue, trovando successivamente un chiodo con un cordone: evidentemente qualcuno si era calato in doppia da qua. Scopriremo poi di essere sulla strada sbagliata e che avremmo dovuto intercettare la cengia erbosa piegando a ESE una ventina di metri più in basso della forcella: ora però siamo qui e occorre andare avanti in un modo o nell'altro. Per cui si procede per saliscendi tra i mughi, un'esperienza non entusiasmante ma per fortuna senza dover lasciare materiale soprattuto senza incidenti. Finalmente arriviamo alla cengia: la risaliamo e, inviduato un buon punto, Riccardo attrezza una sosta e Alessandro procede a scalare lo spigolo destro del canalone fino a sostare su degli spuntoni sulla sinistra. Una manciata di metri più a destra ci sono due chiodi ma ce ne accorgiamo solo dopo. Riccardo fa strada lungo la stretta cengia dove a tratti camminiamo sui tronchi dei mughi. Arrivati in vista del canale Riccardo sosta su due clessidre e Alessandro parte scalando e traversando sulla destra fino ad entrare nel canalone. Si sosta su spuntoni e Riccardo raggiunge. Anche qui scopriremo che ci saremmo potuti semplificare la vita continuando a traversare e intercettando il canalone un po' più in basso. Comunque la roccia è solida e ben articolata, quindi anche i passaggi aerei sono gradevoli, ragion per cui ci ci siamo godutil'errore di percorso. Il canalone viene percorso da Riccardo fin dove le corde da 60 metri gli consentono, superando uno strapiombo di tre metri e intravvedendo quà e là diversi cordoni abbandonati. Evidentemente il canalone è utilizzato come via di discesa da chi sale la direttissima: l'abbondanza di spuntoni e di massi incastrati agevola la ricerca di ancoraggi validi. Arrivati in cima il canale si apre e si biforca attorno ad un enorme macigno incastrato. Prendiamo il ramo a sinistra e dopo una ventina di metri di roccette prima e ghiaione poi arriviamo alla forcella che separa la torre delle cenge (a sinistra) dalla cima delle cenge (a destra): una ventina di metri di dislivello la prima, una quarantina la seconda. Rapida valutazione della difficoltà, del tempo rimasto e del meteo e decidiamo che la doppietta è fattibile. Parte Alessandro con Riccardo che fa sosta su spuntoni qui non ne mancano mai. Purtroppo la roccia si rivela meno articolata che nei tratti percorsi prima e soprattuto molto meno salda: qualche tacca si sbriciola tra le mani e non certo grazie alla presa d'acciaio. Fortunatamente i piedi trovano sempre un buon appoggio e strata facendo si riesce anche a piazzare un nut ed un paio di cordini. Arrivati in cima si scopre uno spuntone (che è poi la cima vera e propria) al quale sono attaccati due cordoni di cui uno con una maglia rapida: ottimo, disarrampicare sarebbe stato abbastanza sgradevole. Riccardo raggiunge e dopo un paio di foto di rito su una cima poco più ampia e comoda del tetto di una cappelletta di montagna, ci si cala di nuovo sulla forcella. Parte Riccardo anche in virtù del fatto che Alessandro ha consumato parecchie energie soprattutto nervose. L'ultimo tratto si rivela ben appigliato e proteggibile anche se a tratti un po' esposto. La cresta di suo è poco più larga di mezzo metro tant'è che se ci si incrocia conviene tenersi l'un l'altro per evitare di correre rischi inutili. Comunque il panorama ripaga delle fatiche fatte sinora; inoltre l'abbondanza di stelle alpine, unitamente all'assenza di un libro di vetta, ci fa capire che arrivando in cima siamo entrati in un club piuttosto ristretto. Rifocillati e rimesse le corde in zaino intraprendiamo la discesa. Imbrago e casco rimangono addosso prevedendo che la discesa non sarebbe stata un banale. I fatti non tardano a darci ragione: il sentiero è molto ben segnato con bolli praticamente ad ogni metro, ma è molto scosceso, attraversa la macchia di mughi ed è coperto da ghiaino instabile. Superati alcuni brevi tratti in cui disarrampichiamo su roccette di primo e secondo grado arriviamo in vista della forcella delle cenge. Dobbiamo scendere un canale e decidiamo di farlo in corda doppia: del resto troviamo anche un chiodo con cordino e moschettone abbandonati. Arrivati alla cengia ci aspetta un breve tratto di ferrata: il cavo è nuovissimo e la difficoltà è bassa quindi lo affrontiamo senza assicuraci. La stanchezza comincia a farsi sentire. Arrivati in cima si prosegue per mughi prima, attraverso un canale ghiaioso anch'esso attrezzato di recente ed infine per abeti poi, comunque sempre su un sentiero molto ben bollinato ma assolutamente sgradevole a causa della conformazione del terreno: ripido e friabile. Arrivati al torrente Rio Bianco ci rendiamo conto che siamo più bassi del Brunner: il tempo stringe e la stanchezza si fa sentire quindi ci riforniamo d'acqua direttamente al torrente ci rinfreschiamo i piedi e proseguiamo fino in fondo arrivandovi stanchi, assetati, affamati ma molto soddisfatti.
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