PICCO DI CARNIZZA, m 2441
Parete Est
Interessante salita "di ricerca" per chi apprezza i luoghi appartati e insoliti, nel bel ambiente del circo nord del Canin. Le difficoltà tecniche sono basse ma la qualità della roccia comunque risulta buona nel suo complesso.
Accesso:
Raggiunto da Sella Nevea il Rifugio Gilberti, m 1850 (telecabina aperta in agosto; orario 8.30-17.30 - 10 €), si sale alla Sella Bila Pec, m 2005, continuando sul sentiero 632 in direzione della Ferrata Julia al Canin. Alla biforcazione (indicazioni su masso e cartello di legno) si lascia il sent. 632 e si prosegue verso il Canin fino al pianoro subito sopra. Da qua, dove risulta visibile completamente la parete E del Picco di Carnizza, ci si dirige in tale direzione senza via obbligata cercando di non perdere troppo quota. Portarsi più in alto possibile sul canale fino al primo salto. Ore 2 dal Rifugio Gilberti.
Salita:
1)
Superare un primo saltino del canale lisciato dall'acqua e proseguire per sfasciumi e roccette verso un canale-camino molto evidente sulla dx fino a sostarvi all'inizio. 50 m; 1°, 2°.
NB: la via originale sale l'ampio canale superficiale a sx (circa 15 m) del nostro canale-camino. Il canale è a gradoni un pò coperti di detrito e porta direttamente al tiro 4. Difficoltà di 1° e 2°.
2)
Risalire il caminetto con qualche salto su roccia abbastanza buona ed appigliata (p. 3°), uscendo su roccette miste erba e sostando su un terrazzino ghiaioso dove il canale ha termine. Pochi metri prima si nota, sulla dx, un vecchio cordone su due massi incastrati (sosta scomoda e sconveniente). 20 m; 2°+, pp. 3°.
3)
Scendere qualche metro fino al cordone e traversare a sx su una cengetta erbosa sotto una paretina strapiombante per aggirare lo spigoletto che delimita il canale (2°, 1C). Si esce su ripidi verdi e roccette, che si superano obliquando a sx su balze erbose in direzione di un'evidente placca a prima vista molto compatta, alla base della quale si sosta. 30 m; 1°, 2°; 1C.
4)
Scalare la placca tenendosi a sx dove si presenta meno compatta e più articolata con divertentissima arrampicata che termina su una spalla da dove è visibile il canale di uscita. Sosta su masso. 30 m; 2°, 3°.
5)
Proseguire nel canale superando quasi subito un salto di 4 m più impegnativo. Si prosegue ormai senza difficoltà per sfasciumi e roccette fino sulla cresta circa 10 m a sx della cima. 80 m; 3°, poi 1° e 2°.
Discesa:
Vi sono due possibilità a seconda se si vuole salire fino in cima al Canin o intraprendere direttamente la discesa:
a) per il Canin
Si scende sulla dorsale verso SE stando a volte sotto le placche della cresta in versante Val Resia fino alla depressione fra il Canin e il Picco di Carnizza (q. 2385).
Da qui si risale la cresta per terreno non difficile fino al Canin, m 2587 (45 min. dal Picco di Carnizza).
Dalla vetta si scende a N per la Ferrata Julia fino alla conca del ghiacciaio e quindi, per il percorso dell'andata al Rifugio Gilberti. Ore 1,30-2 dalla cima del Canin.
b)
per la Ferrata Grasselli
È la discesa più diretta e rapida. Dalla cima del Picco di Carnizza si scende verso NO lungo la ben attrezzata Ferrata Grasselli che conduce al Bivacco Marussich, m 2040 (45 min.).
Dal bivacco si rientra al Rifugio Gilberti per il sent. 632 in ore 1,30.
RACCONTO DELLA SALITA
(Riccardo Delise e Alessandro De Sanctis)
Il picco Carnizza è la più occidentale delle cime del gruppo del Canin. Per raggiungerlo occorre salire al rifugio Gilberti, di qui prendere per la forcella di Bila Pec e poi attraversare quel che resta del ghiacciaio del Canin. Fatto ciò, rimangono due opzioni per arrivare in cima: la via ferrata Rosalba Grasselli o la via per gola est. Ferrata aerea e ben attrezzata la prima, misconosciuta via di terzo grado la seconda. Decidiamo di salire per la gola e di tentare di raggiungere la cima del Canin scendendo poi per la ferrata Julia. Non sapendo quanto dovremo "annaspare" su quel che resta del ghiacciaio o sui ghiaioni che ha lasciato scoperti, scegliamo di farci lo "sconto": ci risparmieremo la salita/discesa per la pista da sci con un biglietto di andata e ritorno della cabinovia. 10€ a testa ben spesi, considerando che alla base incontriamo Silvano Forgiarini detto il Trattorino e abbiamo l'occasione di scambiarci qualche parola. Se anche lui sale al Gilberti in cabinovia, chi siamo noi per fare altrimenti?!
Scesi dalla cabinovia si parte: sella Bila Pec con i suoi ruderi della prima guerra mondiale e poi avanti lungo il sentiero 632 fino al bivio per la ferrata Julia al Canin. Qui valutiamo il percorso migliore per arrivare alla base della gola: non ci sono sentieri segnati ed il ghiacciaio ormai ridotto ad una ragnatela di nevai ha lasciato scoperte le pietraie sottostanti. Scegliamo un percorso con il minimo possibile dei saliscendi e verso le 10:30 siamo alla base della gola.
Parte Riccardo: qualche metro di II- e poi un'ampia pietraia poggiata: il primo tiro di corda da 60 va liscio e spedito. Poi la prima decisione importante da prendere: il caminetto di III grado ben appigliato che sale a destra o la placca appoggiata di II, ghiaiosa e poco proteggibile che sale a sinistra? È il turno di Alessandro che sceglie di andare sul sicuro ancorché un po' più difficile, anche perché a quanto pare su si potrà attraversare ancora verso sinistra. Qualche passaggetto aereo su roccia ben articolata e sostanzialmente solida ed il caminetto sbuca su un canale detritico abbastanza ampio. Sosta su chiodo piantato a fondo a mo' di picchetto a monte di una roccia affiorante dal terreno. Riccardo raggiunge e trova un cordino abbandonato sullo spuntone: Nylon, calcinato dal sole da chissà quanto tempo. Non siamo stati i primi a passare da qui, ma probabilmente chi ci ha preceduti lo ha fatto nel secolo precedente.
Il canale prosegue ma sembra più difficile di quanto descritto dalla relazione sul libro di Buscaini, segno che forse avremmo dovuto salire per le placche a sinistra. Poco male, a sinistra c'è una cengia erbosa, stretta ed esposta ma percorribile e Riccardo la percorre.non prima però di aver attrezzato un'altra sosta un po' più sicura incastrando due nut in una fessura. Strada facendo trova un chiodo orizzontale: probabilmente è stato piantato quando i numeri di telefono si facevano ancora col l'indice infilato in un disco forato. Superate zolle erbose scivolose, roccette di I e II grado e sostato su spuntoni Alessandro raggiunge e prosegue lungo la cengia fino ad una parete appoggiata e percorsa verticalmente da fessure: per chi lo conosce sembra la versione in piccolo del paretone di Duino e promette lo stesso grip. Solo che qui non ci sono spit, solo quello che riusciremo a piazzare. Ad ogni modo ora siamo sicuri di aver trovato la placca appigliata che cercavamo. Si pianta l'unico chiodo disponibile alla mano (il picchetto del tiro precedente), poi Riccardo raggiunge e, nel dubbio, attrezza un'altra sosta sfruttando tutti gli altri chiodi che abbiamo.
Riparte Alessandro. La cordata prevede una distribuzione dei tiri anche in base alle rispettive inclinazioni: gli strapiombi a Riccardo, grazie al basso rapporto peso-potenza, le placche ad Alessandro visto che qualche chilo in più a schiacciare il vibram sulla roccia va a tutto vantaggio dell'aderenza. La roccia comunque è molto ben appigliata e molto stabile: le lame abbondano e si rivelano quasi tutte sorprendentemente sane. Con qualche equilibrismo di II+ e III si arriva ad un enorme macigno piantato su una spalla. La sosta è così comoda che si può fare sicura stando seduti e guardando il panorama.
Ormai non manca molto: la spalla sale per qualche metro fino ad una gola piena di sfasciumi. Si avanza in conserva fino ad un passaggetto di III che Riccardo supera agevolmente sino ad arrivare in cresta. Da qui alla cima sono pochi metri di cammino. Siamo in cima ma abbiamo poco tempo per goderci il panorama perché, come al solito, tempo stringe: sono già le due passate e l'ultima discesa della cabinovia è alle 17:30. Il Canin appare lontano, ben più alto e soprattutto separato da una sella da discendere e risalire: chiaramente non ce la faremo mai a raggiungerlo e a rientrare per tempo. Inoltre a causa del caldo ci sono rimasti circa mezzo litro di liquidi a testa e la via di rientro è completamente al sole. Scatta il piano B: discesa per la ferrata Grasselli, taglio fuori sentiero per la vallata del ghiacciaio fino ad intercettare il sentiero percorso in mattinata, sella Bila Pec, cabinovia, Sella Nevea, casa. Birra e panino appena possibile. Soprattutto la birra.
A parte un fittone schiodato, (su una cengia alla base di un tiro di fune) la ferrata è in ottime condizioni, con fittoni e cavi zincati nuovi. Inoltre i vecchi fittoni ancora ben ancorati alla parete facilitano la progressione, o meglio, la regressione visto che stiamo scendendo. Il taglio della vallata richiede un po' di fiuto ed occhio allenato: seguire il sentiero fino al sottostante bivacco Marussich e di qui lungo il 632 significherebbe arrivare tardi in funivia. Mancare il sentiero verso la sella pure. Comunque ce la caviamo egregiamente ed alle 16:30 siamo al Gilberti. Una birra ce la siamo meritata, soprattutto considerato che il gestore del rifugio ci fa i complimenti per la salita. A questo punto è d'obbligo festeggiare con un bel panino con la salsiccia.che Alessandro innaffia con un'altra birra e Riccardo con dell'acqua. Indovinate a chi toccava guidare