IVgrado - FRIULI OCCIDENTALE
GAMSPITZ
Via Alpinistica Attrezzata (Parete Sud)
relazione: Emiliano Zorzi
introduzione presente nella guida
In alta valle del But, sulla verticale dell'abitato di Timau, sorge questa imponente parete di ottimo calcare di oltre 900 m d'altezza compresivi dello zoccolo. Su questa slanciata pala, nel 1984 il CAI di Ravascletto, con l'aiuto della Brigata Alpina Julia, decide di sfruttare i tratti più facili di parete e salire con questo bel itinerario fino alla cima. L'abbondante opera di chiodatura a fittoni con anello e la possibilità di interrompere l'itinerario in tre punti, alleggerisce i timori di quello che rimane un percorso alpinistico di soddisfazione e unico nel suo genere. La salita può essere divisa in tre parti: la prima supera lo zoccolo con difficoltà contenute (max 3°+); la seconda, superato un tratto erboso, inizia a salire per belle placche fessurate nel cuore della parete sud. La terza parte, la più impegnativa, sale il verticale spigolo finale e conduce alla vetta.
Nel complesso si tratta comunque di un percorso dal grande sviluppo e quindi da non prendere troppo sotto gamba, dal tempo di percorrenza molto variabile in funzione del modo in cui si sale (a tiri di corda o di conserva). Le difficoltà non sono mai elevate anche se in alcuni brevi tratti, non utilizzando i fittoni come prese, sono superiori a quelle dichiarate. Ambiente molto "vegetale" specie in basso. Roccia comunque sempre ottima.
Probabilmente il periodo migliore per percorrerla è l'autunno, anche se le giornate corte richiedono una buona velocità se la si vuole percorrere integralmente. D'estate il caldo è spesso insopportabile d'inverno - pur essendo la parete spesso sgombra - bisogna considerare che la discesa, con l'attraversamento di alcuni canali e pendii molto ripidi, può diventare molto pericolosa.
racconto della salita e impressioni
Come rendere emozionante anche una salita attrezata a mo' di ferrata come questa:
a) Partire tardi in una giornata invernale
b) Andare quando tutto il fogliame caduto ha formato un grosso strato di soffice materia scivolosa
c) Rottura della suola delle scarpe
d) Discesa con attraversamento di canaloni e pendii di neve omicidi ad ore ormai improponibili
Le belle giornate di questo inizio di febbrario 2011 invitano a lasciare i soliti lidi di palestra per spostarsi verso i monti. Pochi giorni prima, andando su Polvere di Stelle a Montecroce, avevo notato che il paretone del Gamspitz era in condizioni estive, anzi meglio, vista la temperatura gradevole. L'unica incognita pare il grande canale di neve che si dovrà attraversare lungo il sentiero di discesa, peraltro elementare d'estate.
Con il solito puntuale ritardo il Filosofo passa a prendermi a casa. Alle otto e mezzo siamo a Timau, con cielo ancora leggermente velato ma con temperatura non troppo fredda. Fra l'altro per la giornata prevedono bel tempo.
Risalita faticosa del bosco, resa comica dalle foglie cadute. Sembrano avere una proprietà più scivolosa del ghiaccio. Con equilibrismi circensi vinciamo anche il sentiero ed eccoci alla targa d'attacco. Ore 9.30.
Siamo agguerriti e partiamo con l'intenzione di salire veloci a corda corta. Comunque, per non sbagliare, decidiamo di fare il primo tiro in stile tradizionale. Strana arrampicata: la roccia è bella ma le foglie anche qui si annidano furtive e insidiose, minando da subito il morale delle truppe. Capiamo ben presto che per stare sul terzo grado, così come dichiarato da varie relazioni, bisogna generosamente pigliare qua e là qualche fittone, non disdegnando nemmeno di usarlo come appoggio.
Proseguiamo il resto della prima parte in una specie di conserva, tranne un tratto dove si attraversa su sentierino (credo) ma che ora è ricoperto dalle foglie più insidiose. Tiro di corda, e nemmeno banale, per superare un primo grado.
Ci barcameniamo comunque abbastanza discrestamente fino alla prima uscita possibile: ore 11.15.
Il sentierino di ripiego invita, data anche l'ora non proprio presta, ma anche il monte sopra ci richiama. Inoltre non possiamo essere così senza spina dorsale da non fare almeno i classici due terzi di salita. Lo spigolo finale è già fuori questione vista la dicesa su neve che poi ci aspetterebbe.
Abbiamo comunque la mitica piccozza Grivel che, anni fa, non so per quale motivo ho comprato, visto che con la neve non vado neanche in giardino. Forse perché un sedicente alpinista senza piccozza è come un marinaio senza barca.
A noi, bosco malefico. Il Gerri mi aveva segnalato che nella loro antichissima ripetizione si erano persi in questo bosco verticale. Noi non possiamo essere da meno. Una volta finite le rocce si vaga a caso, finché per puro caso rinveniamo di nuovo segni gialli e ometti provenire non si sa da dove. Dopo un po' spariscono di nuovo ma ormai siamo quasi arrivati sotto la grande parete. Per un attimo ci prende lo sconforto confondendo un gruppo di alberi molto in alto sullo spigolo con il gruppo di alberi d'uscita giusto, molto più in basso, fortunatamente. È già passato mezzogiorno e non siamo molto presto.
Ritroviamo l'inizio della seconda parte della via un po' per caso.
Faccio per rimettermi le mie vecchie scarpette-scarponcino quando vedo con pietà che la suola si è staccata. Bene via con le altrettanto vecchie scarpe da ginnastica.
La questione della conserva è ormai fuori discussione, dato che forse non ci conserva la vita. Qualche imbarazzo in qualche tratto di aderenza, vista l'aderenza fittizia della scarpacce, qualche bel fittone tirato a piene mani qua e là e, con andatura in crescendo, vista l'ora tarda, eseguiamo un numero che ci pare spropositato di tiri di corda grazie anche alla sola nostra mezza corda da 40 metri .
Finalmente eccoci all'uscita: ore 15.15. Un peccato aver cercato di correre in questa seconda parte della via, che in realtà è divertente.
Lasciamo proseguire verso l'alto la serie di fittoni sullo spigolo ed usciamo lungo la traccia segnalata.
Ben dai, sembra che la giornata, pur con qualche inconveniente, sia stata interessante.
Inizio della tragicommedia.
Attraversamento alla base del grande catino erboso bersagliati da enormi sassi che rotolano giù come forme di formaggio.
Rinveniamo il primo segnavia CAI con grande felicità. Ci sono anche dei passi sulla neve e non sembrano essere ramponati.
Dopo un attimo ci si impone la scelta: discesa su neve ripida fino al fondo del grande canalone ingombro di valanga (che poi prosegue verso l'abisso) o erba verticale sulla sinistra: erba verticale con super tecnica di sedere e prese sui ciuffi fino al canalone dove, un grosso albero sradicato e portato qui da una valanga si è conficcato di testa nella neve. Ottima sicura: fuori la Grivel e l'attrraversamento del canalone, in verità, non è male: è abbastanza pianeggiante. A metà lascio conficcata la picca per il Filosofo e scendo con le improbabili scarpe da ginnastica fino all'altro lato dove trovo un ancoraggio dal quale parte un cavo di metallo che entra nella neve. Non avrei sperato in tanto per fare sicura.
Passato il canalone l'atmosfera si rilassa. È abbastanza tardi ma almeno ora siamo sul sentiero e abbiamo le pile.
Dopo un po' sopresaccia: un secondo canale, che d'estate deve essere un semplice pendio di erba ripida tagliata dal sentiero, ripidissimo e con uscita verso il basso che è meglio non guardare, ci fa cadere i cosiddetti. Altra sicura su albero e via, con un po' di cacca nelle mutande: solita piccozza lasciata a metà e, sopresa, la corda finisce una decina di metri prima di essere dall'altra parte. Non c'è alternativa ad un tratto che farebbe orrore ad ogni manuale di alpinismo. Due loschi figuri che si muovono attraversando un pendio omicida in scarpe da ginnastica, una piccozza piantata in mezzo come unico pseudo punto di sicurezza.
In qualche modo raggiungo un enorme albero oltre: talmente enorme che non riesco a farci passare attorno la corda. La sicura a mano, alla vecchia, è il tocco finale del tutto. Il tempo vola. Sono le quattro e mezza e non c'è ancora molta luce.
Via veloci lungo il sentiero, ora finalmente secco e ben tracciato: visione impressionante di Timau praticamente 800 m in verticale sotto.
Tutto si fa allegro, finché un'altra rientranza in ombra e con conseguente neve, costringe ad un'altra discesa su erba verticalissima e risalita dall'altra parte: non c'è mai fine al peggio.
Avanti! Dopo un bel tratto senza problemi ecco un ulteriore canale: bisogna scenderlo per una cinquantina di metri. Idea 1: discesa a "corda singola" da albero e buonanotte alla vecchia corda. Idea 2: scivolata di culo semi-incontrollata. Almeno questo canale non finisce nell'abisso.
Idea 2 vincente: scivolata con mani, culo e piedi che frenano in qualche modo, qualche incursione nel sedere di sassi vari e presa volante su rami di passaggio che, evitando di farci arrivare a Timau prima del tempo, mi fanno uscire sul sentiero di nuovo scoperto.
Giù per il sentiero: si vede ancora qualcosa.
In fondo una valanga che ha creato un cataclisma di sassi e alberi ha coperto il sentiero. Adesso è il turno delle besemmie. Basta! Anche questa. Siamo ormai in mezzo al bosco e abbastanza in basso, come si permette una valanga così stupida di abbatersi qua.
Fortuna che dopo cinque minuti di andirivieni si rivede il sentiero uscire sulla sinistra della valanga.
Ormai è quasi buio ma sono anche finiti gli scazzi, a parte la pila ormai quasi senza batterie.
Comunque Timau arriva.
RELAZIONE AGGIORNATA NELLA NUOVA GUIDA
ALPI CARNICHE OCCIDENTALI