ARRAMPICARE 'NO BIG' CARSO E MARE

(IN USCITA IL 20/5/2013)

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IGNAZIO PIUSSI

(1935 - 2008)

Una delle figure simbolo e uno dei miti dell'alpinismo friulano. Classe 1935, originario della Val Raccolana, dopo una dura infanzia di lavoro, si dedica inizialmente allo sci ed al salto con gli sci, dove ottiene anche buoni successi.
All'inizio degli anni 50 si avvicina all'alpinismo, una tradizione di famiglia possiamo dire, visto che il nonno Giuseppe e lo zio Osvaldo Pesamosca furono fra i pionieri dell'epoca d'oro di Kugy e sue guide.
Nell'allora dimenticato e "provinciale" panorama delle Giulie apre delle vie di polso (1954, parete N del Piccolo Mangart di Coritenza, 1955 pilastro E della Veunza). Il lavoro come minatore a Cave del Predil gli impedisce di scalare fuori dalle zone di casa e questo, per anni, fa sì che il suo nome sia quasi sconosciuto nonostante si possa già collocare ai livelli dei migliori dell'epoca. Bisogna anche ricordare la sua attività meritoria nell'ambito del neonato Soccorso Alpino di Cave del Predil.
La ribalta è del settembre 1955, quando con Bulfon, compie la prima ripetizione della Via Lacedelli alla Cima Scotoni, uno dei tracciati estremi. Sembra impossibile che degli sconosciuti friulani siano riusciti a passare sulla via più difficile delle Alpi.
Attorno alla salita si sono raccontati mille aneddoti, su come i cortinesi, gelosi della loro salita, abbiano rotto degli appigli per rendere più difficile il compito ai ripetitori o la leggenda sorta sulla piramide umana effettuata durante la prima salita.
Bisogna ricordare il clima dell'epoca, in cui ancora l'alpinismo occupava le pagine dei giornali e quando ancora aveva ragione chi, comunque e con ogni mezzo, raggiungeva la vetta. In questo contesto sicuramente Piussi fu uno dei fortissimi, abilissimo sia in libera (varie solitarie importanti come quella al Deye-Peters) sia in artificiale.
La sua attività dolomitica finalmente lo consacra. La direttissima alla Sud della Torre Trieste, del 1959 con Giorgio Redaelli, può essere considerata una pietra miliare dell'arrampicata di quegli anni. Una salita che richiese sicuramente la più grande resistenza fisica ed il più grande coraggio.
Gli exploit si susseguono: nel 1961 si spinge addirittura sulle Alpi Occidentali, partecipando alla famosa e polemica corsa, fra inglesi, francesi e italiani, sul Pilone Centrale del Freney. Nel 1963 un'altra salita col botto: l'ambitissima prima invernale della via Solleder al Civetta, che richiese uno sforzo sovraumano di quasi una settimana.
Gli anni sessanta vedono ancora altre sue scalate Dolomitiche nel settore del Civetta (Punta Tissi, 1965; spigolo della Cima Su Alto, 1967) con compagni di cordata d'eccezione come Sorgato, Anghileri o Mazeaud.
Dopo la spedizione in Antartide del 1968, la sua attività man mano si riduce. Abbandona l'alpinismo nel 1975, dopo aver partecipato alla spedizione di Riccardo Cassin sulla sud del Lhotse, dedicandosi quindi alla gestione delle Malghe Cregnedul, poco sotto Sella Nevea, dove lo si poteva ancora trovare fino a qualche anno fa.
Nereo Zeper ce ne dà un ottimo ritratto nel libro Ladro di montagne (1999).

itinerari presenti nel sito e biografie collegate

Ago di Villaco - Parete Sudest, con L. Bulfon.
Pinnacolo del Vallone - Parete Nordest, con U. Perissutti e C. Giacomuzzi

 

 

 

 

 

 

 

 

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