IVgrado - FRIULI OCCIDENTALE
CRETON DI CLAP GRANDE
Spigolo della Pannocchia
relazione: Emiliano Zorzi
introduzione presente nella guida
Via interessante, inserita nel selvaggio contesto delle Dolomiti Pesarine. È un percorso molto caratteristico, usato dai corsi-roccia della sezione CAI di Tolmezzo, che, credo, richieda agli allievi una buona dose di coraggio. L'arrampicata in sé è normale, su roccia discreta, con tratti buoni e comunque mai decisamente friabili. La peculiarità di questo percorso sta nella varietà di passaggi d'altri tempi, conditi di salti, spaccate, risalita di camini orridi e traversate in spaccature: necessaria quindi una certa attitudine a movimenti che oggi si potrebbero definire circensi.
racconto della salita e impressioni
Come scritto nell'introduzione formale e ufficiale alla guida, la salita lungo la via della Pannocchia è veramente un pezzo di alpinismo circense con i suoi vari passaggi improbabili.
CIRCO NUMERO 1
Il fatto di essermi imbarcato nella questione della guida del Friuli ai primi di giugno 2010 mi ha portato ad un breve soggiorno al Rifugio De Gasperi, nel corso del quale si sono alternati vari compagni di cordata. Per la Pannocchia si è come auto-selezionata la creme dei circensi, con il Guaina e il Dimitri. In tale contesto la circense gestione dello storico Nilo del De Gasperi non stona affatto.
Dopo aver percorso il giorno prima l'altra classica dei corsi del CAI di Tolmezzo (la Gilberti al Culzei), il gruppuscolo ripercorre, alquanto più stancamente, il sentiero verso la Forca dell'Alpino, provando di tanto in tanto a fare del salto in lungo da fermo come prova generale per i temuti salti sulla cresta finale. Constato che la mia prestanza atletica non mi permette sonni tranquilli, dato che a malapena riesco a saltare un giornale (sia per quanto riguarda la lunghezza che l'elevazione dal suolo). Gli altri compari sono invece ben all'altezza della dura prova.
Fatto sta che, vuoi per le prove, vuoi per la lievissima stanchezza accumulata dai giorni precedenti, ci portiamo all'attacco in un tempo innominabile.
Salutiamo la freccia con la sbiaditissima scritta Panole, segno che un tempo qualcuno deve pur aver frequentato questi paraggi, e in men che non si dica siamo alle prese con la canaletta che ci porta sotto al primo temuto ostacolo: il caminaccio nero.
Appena si apre allo sguardo penso che poche volte ho visto un posto così repellente. È buio che quasi ci vuole la pila, dalle pareti lucide di acqua che trasuda (credo perennemente) e nel fondo della spaccatura, che attraversa da parte a parte il monte, degli orridi mucchi di neve.
Uno schizzo di cui disponiamo ci dice, almeno sembra, di salire fin quasi in cima al camino. Roba da non credere, visto che dovrebbe essere un tiretto di 3° e 4°. Il caminaccio sarà alto almeno settanta metri e, dopo i grossi massi incastrati a non più di dieci metri di altezza, non offre possibilità di essere scalato, altro che 3° e 4°.
Comunque se ci vanno i corsi da qualche parte si dovrà pur passare. Entrando nell'antro camminando, sotto al primo sasso un chiodo segna il punto dove si inizia a salire. In modo alquanto elegante, nonostante l'acqua grondante, salgo i primi metri fino quasi al primo sasso dove, dubbioso sull'andare avanti, visto che il tutto si fa un po' più delicato, scorgo un altro chiodo (fetido) nell'oscurità. Speremo ben che se sali de qua!
Proseguo e con fare circospetto arrivo agli altri sassi incastrati. Sopra al grosso sasso superiore si vede la sosta: bene almeno sono nella modalità giusta. Altro che salire fino quasi in cima al camino come dice lo schizzo!
La gioia dura poco, visto che il terreno bagnato ed anche sporco, per contrappasso, mi fa arrampicare sulle saponette. Rispolverando un elegante uso della pancia, dei gomiti e dell'attrito del maglione, mi porto alla sosta, in un tempo abominevolmente lungo e non senza derisione da parte dei miei compari che non hanno apprezzato a pieno lo stile pulito di salita.
Il fatto che siamo in tre non agevola le operazioni successive che si svolgono in stile spedizione: il Dimitri sale sopra al primo sasso, tira su lo zaino che il Guaina gli passa, mette lì lo zaino, sale verso la sosta, mentre il Guaina bestemmia fra la pioggerella di sotto. Con chi tira e chi spinge arriva anche lo zaino e poi il Guaina.
Con questo ritmo e questa flemma non arriveremo a fare tre tiri prima di notta. Il consiglio di guerra decide che è meglio scendere. Dopo le questioni di rito su come calarsi attraverso i sassi (chi dice per sopra, chi per sotto, chi per dietro) e altre amenità ritorniamo sui nostri passi.
Siccome siamo appena a metà mattina non se ne parla di rientrare in rifugio, anche perché dovremmo seguire una giornata intera di lezioni di filosofia del Nilo. Si decide per una gita sociale in cima al Clap per la Via Normale, anche questa naufragata con gente varia che per spaccamento fisico abbandona la comitiva in punti diversi lungo il ghiaione.
Una volta riunitici, nel pomeriggio, vicino all'attacco della Pannocchia, ci scambiamo i buoni propositi di ritornare.
CIRCO NUMERO 2
In agosto un plotone ridotto, il Dimitri e il sottoscritto, ritorna più deciso che mai. Si parte in giornata da Monfalcone visto anche che non abbiamo la necessaria preparazione filosofica per affrontare un confronto a tutto campo con il Nilo.
Giunti al rifugio per colazione, il fatto che dobbiamo andare alla Pannocchia rimanda le disquisizioni più profonde per il ritorno.
Il piano d'azione è già stabilito, in funzione del fatto che nonostante un assiduo allenamento a casa, dove salto dal divano alla poltrona, non sono riuscito a migliorare considerevolmente le mie prestazioni di salto. Io, dato anche il conto aperto, mi infilerò arditamente ancora nel camino, proseguendo fino alla vetta della Pannocchia, da dove il saltatore designato, cioè il Dimitri, darà sfoggio delle sue abilità sulle circensità alte.
Eccoci di nuovo al caminaccio. Sostituito lo schizzo precedente con la ben più chiara ed affidabile relazione della guida grigia, gabbo il mio compare. Rimonto la grande spaccatura, camminandoci allegramente nel fondo per ghiaia ed incastri, fino alla sua fine. Primo grado, esattamente come dice la guida. Il tratto circense è praticamente evitato. Probabilmente l'avranno pensato quelli della scuola di Tolmezzo per far fare passaggi "originali" agli allievi. Ora c'è solo un breve tratto in spaccata orizzontale, nella quale mi dimostro una sega, per uscire finalmente verso un posto dove si arrampica senza essere scritturati da Orfei.
Una lunga sequela di tiri facili (7 invece dei quattro segnalati sul famigerato schizzo dove appare anche del 5° che abbiamo cercato in tutti modi, senza trovarlo), dove diviene evidente la mia abilità quando il terreno è appoggiato e pieno di grosse prese, ci porta in vetta alla Pannocchia sulla sua enorme spianata di ghiaia e roccette.
Sosta ristoratrice e di riflessioni. Si affinano tutti i muscoli in prove di salto. Per niente incoraggiato dai risultati andiamo a vedere come sarà questo primo, temuto salto, sul quale stanno ormai girando leggende fantozziane in quanto a larghezza e pericolosità.
Il buco sottostante è fondo solo pochi metri ma la larghezza e la disposizione del tutto non incoraggia. Dopo un po' di training Dimitri salta ed è oltre. Dopo un po' rinviene la sosta, ben posizionata in alto per fare una bella sicura al secondo saltatore.
Dopo circa venti muniti di tira e molla spicco il volo per andare di là. La fifa di rompermi i denti sul limite del terrazzino mi fa saltare così tanto che mi schianto sulla parete come Willi il Coyote facendomi un dolore barbino al polso. Credo di essere l'unico che si sfascia una mano su un salto.
Vabbè. Via ancora. La spaccata successiva: una passeggiata in infradito.
Quando ormai ci sembra di essere i divi del circo ormai patentati, l'ultima spaccata ci fa ritornare alla condizione di sguatteri delle stalle. Ha tutto quello che non serve: è lunga oltre la possibilità di ritorno, sotto c'è un buco orrendo e oltre una parete verticale che, se non si vedessero i vari chiodi che rincuorano sarebbe un brutto posto.
Più sotto e a sinistra, in posizione irraggiungibile, si vedono dei chiodi vecchissimi alla base di un camino che, probabilmente, era la via originale che si raggiungeva con un'improbabile calata in spaccata.
In un modo o nell'altro anche l'ultima spaccata è dominata. Siamo di nuovo signori del circo.
Salita, rientro e arrivo in rifugio gongolante per il nuovo diploma circense. Bestemmie circensi accompagnano il mio ri-salire da solo fino all'attacco della via dove, nella spoliazione, ho lasciato il telefonino.
Al nuovo rientro non posso essere esente dalle sonore prese per il culo del Nilo, del Dimitri e di una camminatrice solitaria che si appresta ad una serata filosofica in rifugio.
RELAZIONE AGGIORNATA NELLA NUOVA GUIDA
ALPI CARNICHE OCCIDENTALI